E’ inspiegabile come nel nostro Paese nella lotta alla criminalità organizzata in generale e, in particolare, alle mafie, italiane e straniere, non si siano ancora raggiunti quei risultati auspicabili, non dico risolutivi ma almeno per poter affermare che si era sulla dirittura finale per la “liberazione” dalle varie mostruosità criminali che stanno soffocando intere regioni. Considerazioni che scaturiscono anche dalla semplice lettura di importanti documenti e rapporti redatti negli anni e che anche in questo scorcio di 2018 sono stati elaborati, con meticolosità, da organismi parlamentari, governativi e territoriali, come la Commissione parlamentare antimafia, la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) e la Regione Lazio che, per ultimo, ha presentato, pochi giorni fa, il terzo rapporto sulle “Mafie nel Lazio” ( a cura dell’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità”), un corposo documento di trecento pagine che conferma la inquietante situazione della criminalità mafiosa presente e radicata nella Capitale. In realtà, il quadro generale che emerge è ancora straordinariamente drammatico nonostante gli innegabili risultati conseguiti dalle varie di forze di polizia e dalla stessa DIA ( l’ultima relazione si riferisce alle attività del primo semestre del 2017) nel contrasto delle varie espressioni della c.o. Argomento che continua a non essere alla particolare attenzione di nessuna delle parti politiche impegnate nella affannosa ricerca di un accordo per formare un nuovo Governo dopo le elezioni del 4 marzo scorso. Nei vari programmi politici si è parlato,infatti, quando lo si è fatto, genericamente della “sicurezza” e soltanto sul tema del controllo dell’immigrazione ( argomento che, come noto, stimola le paure dei cittadini ed il loro consenso elettorale), si è riservato qualche dettaglio in più prospettando procedure irrealizzabili, come i rimpatri obbligatori nei paesi di origine ( senza accordi non si possono fare) o i blocchi navali in mezzo al mare. Insomma se la situazione è così grave come emerge da tali rapporti ufficiali, e non c’è motivo alcuno di dubitarne, anche sulla scorta di alcune valutazioni espresse dalla Commissione Antimafia che ha ricordato come il nostro paese sia diventato, tra l’altro, tra i paesi democratici “il più appetibile per i criminali”, ci saremmo aspettati quantomeno una riunione straordinaria non dico del Governo ancora in carica ma almeno del Consiglio Generale per la lotta alla criminalità organizzata che è presieduto dal Ministro dell’Interno ( che è Marco Minniti,politico esperto e attento sui temi della sicurezza). Invece nulla, silenzio totale, neanche uno straccio di direttiva per rilanciare, almeno “sulla carta” la lotta alle mafie. Così, quello scenario criminale, già “complesso” che era stato indicato nel 2016, nel secondo  rapporto sulle Mafie nel Lazio, è diventato più “complicato” per la presenza di una criminalità romana sfacciatamente arrogante e per il dilagare di traffico e spaccio di stupefacenti in molti quartieri capitolini. Basti pensare che solo nel primo trimestre del 2018, secondo dati provvisori elaborati negli ultimi giorni dalla DCSA, a Roma e provincia , le forze di polizia hanno già sequestrato 1.519,028kg di stupefacenti ( nello stesso periodo del 2017 erano stati 1.913,763kg), in buon parte di hashish e marijuana ma anche 43kg di cocaina e 4,7kg di eroina). L’unica nota positiva di questi ultimi giorni è la conferma, da parte della Seconda Sezione penale della Cassazione, che la famiglia Fasciani, insediatasi da anni sul litorale romano,è un’associazione per delinquere di stampo mafioso con a capo Carmine Fasciani. Si tratta, alla fine, di uno dei cinquanta sodalizi mafiosi alcuni di derivazione dalle mafie tradizionali, altri “autonomi” che hanno assorbito il “metodo mafioso”, che operano nel territorio della Capitale come è stato ben evidenziato nel succitato rapporto delle Mafie nel Lazio. Un quadro che, temo, resterà così anche durante il corrente anno e per molto tempo ancora nonostante l’innegabile impegno della DIA e delle forze di polizia territoriali.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).