Alla data del 24 novembre scorso, i nigeriani detenuti negli istituti penitenziari italiani erano complessivamente 869 di cui 123 donne. Il numero include sia i reclusi in attesa di primo giudizio che quelli già condannati in primo e secondo grado. La distribuzione regionale nelle carceri vede in testa il Lazio con 129 detenuti di cui 13 donne, seguita dalla Sicilia con 119 (17 donne), il Piemonte con 95 reclusi (18 donne), l’Emilia Romagna con 84 (8 donne) e la Campania con 82 di cui 14 donne (fonte: Dipartimento Amministrazione Penitenziaria – Ufficio per lo Sviluppo e la Gestione del Sistema Informativo Automatizzato- Sezione Statistica). I dati, poi, relativi al traffico/spaccio di stupefacenti (T.U. 309/1990) e allo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione ( legge 75/1958), indicano, sempre alla stessa data, 475 nigeriani ( di cui 58 donne) in carcere per il delitto di traffico illecito (art.73 del T.U.) e 55 (di cui 8 donne) per associazione finalizzata al traffico (art.74 del T.U.). Sessantadue, invece, metà uomini e metà donne, quelli in carcere per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. I due ambiti criminali sono quelli in cui la criminalità nigeriana nel nostro paese continua ad essere particolarmente “operosa”.

D’altronde le due attività delinquenziali sono strettamente collegate in quanto il narcotraffico di matrice centro africana è, spesso, alimentato dalla prostituzione, così come, viceversa, gli “acquisti” di giovani donne nigeriane da avviare alla prostituzione avvengono anche con i proventi del traffico di droghe. In quest’ultimo “settore” i nigeriani, da anni, sono nell’alta graduatoria degli stranieri segnalati alla magistratura ( 576 quelli denunciati nel 2015, in quarta posizione dopo i marocchini, gli albanesi e i tunisini. Anche  nel 2016, sino ad oggi, la posizione è la stessa). Gli episodi di criminalità in cui sono coinvolti cittadini nigeriani sono quasi giornalieri.

Gli ultimi risalgono al 22 e 23 novembre scorso, con un trentacinquenne “body packer”, titolare di un permesso di soggiorno da rifugiato, che a Firenze aveva trasportato un centinaio di ovuli in pancia contenenti circa un chilogrammo di cocaina ed eroina. A Udine, un nigeriano di 34 anni, già denunciato alcuni giorni prima per fatti di droga e destinatario di un provvedimento di espulsione, è stato trovato a spacciare ancora marijuana in pieno centro. A Palermo, nelle stesse ore, venivano ammanettati dalla squadra mobile diciassette nigeriani componenti una organizzazione mafiosa specializzata nello sfruttamento della prostituzione, nel traffico di stupefacenti e nella “riscossione” di crediti nel contesto della comunità di appartenenza. L’operazione (Black Axe”) ha portato anche alla cattura, a Padova, del capo dell’associazione a delinquere, noto come “Head della Zone”, in costante contatto con altri leader di gruppi criminali nigeriani attivi non solo in Italia ma anche in altri paesi dell’UE.

E’ proprio su queste comunità e sulle numerose associazioni culturali,di mutuo soccorso o religiose ( tra cui la ENAI, Edo National Association Italy di Perugia, la Nigerian Association di Modena, quella di Parma, la Nigerian Community di Bologna, la Edo Bini Association di Verona, la “confraternita caritatevole” della ROF, ossia della Reformed Ogbony Fraternity segnalata in Piemonte e in Campania, ecc…) che su di esse esercitano un forte controllo, che occorre svolgere un approfondimento info-investigativo per evidenti motivi di prevenzione generale e di sicurezza pubblica. Non è un mistero, infatti, che la criminalità nigeriana, talvolta impregnata di pratiche della cosiddetta stregoneria ( sono ben noti i riti “voodoo” e dello “juju” per spingere le donne a prostituirsi), possa assumere connotazioni di mafiosità e rappresentare una seria minaccia. Non sarebbe tempo perso per la polizia cercare di capire meglio alcune articolazioni regionali della ROF attive in Umbria, Veneto (Padova), Lombardia, Sicilia e Piemonte (Torino) per accertare, per esempio, se questa “grande famiglia”, mimetizzata nel nostro paese, non sia una diretta filiale di quella ben nota in Nigeria per la ferocia delle sue azioni delittuose e per l’aggressività nell’ambito dei mercati illegali ( in particolare nel narcotraffico e nella tratta di donne da avviare alla prostituzione). L’accostamento ad aggregazioni paramassoniche non è azzardato se si riflette sulle modalità violente di affiliazione alla ROF nella Madrepatria e su quella scritta inserita nel simbolo della Rof ( un triangolo isoscele senza base con due occhi stilizzati alle estremità) che invita i “..fratelli a dimorare insieme in unità..” come momento di bellezza e di piacere.

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).