Un mese da dimenticare quello che si sta concludendo, costellato di pessime notizie sul fronte della sicurezza nelle città, molte delle quali prese di mira da bande e gruppi di ladri che hanno fatto ripetute scorribande nelle case. Certo, anche nell’anno passato, le cose non sono andate granché bene stando alle statistiche sulla delittuosità elaborate dal Ministero dell’Interno e ai dati forniti da alcuni Procuratori generali (Milano, Genova, Brescia, Bologna) in occasione della recente inaugurazione dell’anno giudiziario. Razzie nelle abitazioni che, in diverse circostanze, sono state caratterizzate anche da violenze sulle persone  che si trovavano tra le mura domestiche ( per esempio a Bari, a Palermo e, per ultimo, a Firenze dove genitori e figlio di 5 anni sono stati rinchiusi con la forza in una stanza da tre uomini incappucciati). Peraltro le dichiarazioni “rassicuranti” fatte nelle settimane passate da alcuni rappresentanti territoriali delle forze di polizia, in particolare di polizia di stato e carabinieri, di delitti in calo non “tranquillizzano” affatto perché la realtà è ben diversa e la “percezione di insicurezza” non tende a diminuire soprattutto a causa di questa criminalità predatoria arrogante e sempre più impunita.

Tutto questo alimenta le “paure” della gente identificate, negli anni passati, dalla criminologia anglosassone, nella paura personale ( fear of crime), il timore, cioè, che hanno le persone di poter subire un reato che leda la propria incolumità o i propri beni e la paura sociale per la criminalità (fear concern about crime) che è la preoccupazione più generale verso l’ordine sociale e politico minacciato dalla diffusione della criminalità. Entrambe le paure si presentano distribuite in modo diseguale tra la popolazione, in relazione al quartiere in cui si vive, all’età,alla collocazione sociale. In generale la paura sociale per la criminalità è maggiormente diffusa ai livelli medio-alti della popolazione mentre quella personale interessa di più gli strati medio-bassi e risente fortemente dei livelli di criminalità e di devianza della zona in cui si vive. la paura, poi, no dipende soltanto dagli indici di criminalità. Sul sentimento di insicurezza dei cittadini incidono molto anche il degrado ambientale, sia fisico ( edifici abbandonati o in rovina, mancanza di manutenzione delle strade, parchi pubblici non curati, sporcizia e immondizia accumulate nelle strade e intorno ai cassonetti, atti di vandalismo contro beni pubblici, bottiglie rotte sui marciapiedi, scritte sui muri ecc..) che sociale ( presenza di prostitute in strada in cerca di clienti, mendicanti petulanti, gruppi di persone che schiamazzano).

E’ nella città che si alimentano e si concentrano le maggiori tensioni e si diffondono quelle paure che sono anche più manipolabili anche a causa delle perduranti crisi che vivono gli ambiti tradizionali di regolazione delle conflittualità e cioè la familgia, la scuola, la chiesa, il quartiere. Il decreto Minniti sulla sicurezza integrata e decoro urbano del marzo 2017, convertito in legge nell’aprile successivo, è stato un tentativo apprezzabile per creare nelle città una relazione diretta tra le diverse istituzioni responsabili della sicurezza perché è proprio il contesto urbano che viene vissuto come più pericoloso. L’esaltazione della distinzione di competenze tra istituzioni preposte alla prevenzione sociale ( regioni, Comuni), quelli deputati alla prevenzione dei reati (forze di polizia) e alla repressione penale (magistratura), non ha di certo favorito il “governo della sicurezza” che deve fondarsi sulla capacità dei vari soggetti di condividere le decisioni. La prevenzione, allora, diventa l’attività fondamentale e se ne vorrebbe sempre di più perché quella che viene fatta è poco percepita. Insomma, i cittadini vorrebbero alla fine vedere più poliziotti e carabinieri sul territorio ( e siamo ben lontani da questo obiettivo) perché prevenzione è ciò che concretamente il cittadino vede ( la raccolta di informazioni, l’intelligence, nel contesto urbano, non assurgono al rango psicologico di azione preventiva, rassicurante). Intendiamoci, nessuna militarizzazione del territorio ma una più efficace azione di coordinamento( a livello politico-amministrativo) in capo ai prefetti e ai questori ( a livello tecnico-operativo) assicurando maggiori risorse umane alle due forze di polizia a competenza generale i cui organici si  sono ulteriormente ridotti nell’anno da poco concluso.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).