La situazione nel nostro paese, relativamente alla criminalità straniera, si è andata sempre più aggravando per le presenze criminali (alcune divenute stanziali) provenienti da alcuni paesi africani dove il problema più grave, per quel che riguarda il contrasto al traffico di stupefacenti, alla tratta delle persone e alle altre forme di criminalità organizzata, è rappresentato dalla carenza di una reale collaborazione a livello internazionale sia per la mancanza di adeguati mezzi che per la capacità delle organizzazioni di condizionare le istituzioni. Il primato criminale nel Continente africano spetta ai gruppi nigeriani che riescono a controllare gran parte dei traffici illeciti a partire dal commercio di droghe, alle frodi informatiche,al trasferimento di denaro sporco attraverso i circuiti finanziari telematici, al traffico di donne destinate alla prostituzione. E’ di questi ultimissimi giorni, l’esemplare condanna a otto anni di carcere, da parte del Gip di Milano, inflitta a due uomini e una donna nigeriani per la riduzione in schiavitù e lo sfruttamento della prostituzione di giovani connazionali fatte giungere nel nostro paese con la promessa di un lavoro e poi ricattate, sottoposte a pratiche intimidatorie basate sulla violenza e sul potere di assoggettamento psicologico legato alla magia nera (riti voodoo) e costrette a pagare  200 euro di “affitto” del tratto di marciapiede dove si prostituivano. Altra esemplare condanna è stata quella del Tribunale di Palermo che, un paio di giorni fa, ha condannato tre nigeriani per tentato omicidio, rapina, minacce e spaccio di stupefacenti, ritenendoli anche componenti di una organizzazione paramafiosa denominata “Black axe” (ascia nera). Si tratterebbe di una delle “confraternite” universitarie (segnalate già da alcuni anni dalla nostra intelligence) note anche come “gruppi cultisti” alimentati dai giovani della classe dirigente nigeriana.

Sul versante dello spaccio/ traffico di droghe non si può certo dire che i nigeriani siano inoperosi  se si pensa che dal 2010 al 31 dicembre 2015 sono stati 3.810 quelli denunciati all’a.g. italiana per delitti collegati alle droghe con il sequestro di oltre 5,5ton di stupefacenti). Dopo che, alcuni anni fa, si erano messi in evidenza come abili corrieri (ovulatori), oggi i nigeriani rivestono un ruolo importante sullo scenario del narcotraffico come fornitori, mediatori e organizzatori in molti paesi tra cui l’Olanda, il Belgio, la Svizzera, la Romania, l’Inghilterra, il Brasile, la Colombia, il Venezuela, la Turchia, il Pakistan,l’Indonesia e gli USA. Sulla pericolosità delle aggregazioni delinquenziali nigeriane, già tredici anni fa,nel 2003, la Commissione parlamentare antimafia del tempo prospettava la minacciosa ipotesi di “..un fenomeno se non mafioso, certamente mafiogeno  i cui connotati nel nostro paese, almeno nelle zone a più alto degrado iniziano a divenire progressivamente evidenti”. Due anni dopo, era sempre l’Antimafia a parlare di”..organizzazioni criminali nigeriane tanto evolute da poter interagire alla pari con le organizzazioni locali..”. Così, senza trovare grossi ostacoli, andava avanti un processo di affinamento criminale che portava la Direzione Nazionale Antimafia (2’12) a parlare di “..un associazionismo che permea ogni comunità nigeriana e che si sviluppa attraverso forme che hanno connotazioni che sono state definite mafiose, le quali si espandono in un complesso reticolo (..)in modo da assumere le connotazioni del network criminale, legato a lobbies, gruppi di matrice etnico religiosa e centri di potere trasversali..”.

E’ tuttavia, sul traffico di droghe, in particolare cocaina e sintetiche, che la Nigeria “brilla” sul mercato internazionale. Sul punto, il rapporto 2015 della DCSA (Direzione Centrale per i Servizi Antidroga), reso pubblico nel giugno scorso, è estremamente chiaro sottolineando come quel paese “..rimane uno dei paesi maggiormente interessati dal traffico della cocaina grazie all’attività dei gruppi criminali locali. Tali sodalizi, che si basano su solidarietà etniche, familiari e di clan, sono presenti in tutti i punti chiave della produzione e del traffico di droghe; in Guinea Bissau stanno progressivamente cercando di sostituirsi alle organizzazioni composte da colombiani e messicani. Anche grazie ad un fitto network di connazionali residenti all’estero, hanno formato clan alla stregua di quelli colombiani, turchi e cinesi”. Si tratta, dunque, di organizzazioni flessibili, molto competitive, cellule innestate su di un tessuto familiare o tribale di cui si possono sfruttare i legami e i linguaggi ( per i quali sempre difficile trovare interpreti). Strutture difficilmente penetrabili dall’esterno come hanno evidenziato indagini di polizia giudiziaria svolte o in fase di svolgimento nel nostro paese. Anche con le metamfetmine “la Nigeria può essere considerato il paese più importante relativamente alla produzione e al traffico. Tra il 2011 e il 2013 sono stati scoperti 7 laboratori e arrestati due chimici sudamericani, uno boliviano e uno colombiano…” (cfr. rapporto 2015 DCSA).

In Italia, forse, meriterebbero approfondimenti e aggiornamenti le numerose associazioni culturali di mutuo soccorso e religiose sorte in diverse città (tra cui Roma, Brescia, Padova, Genova, Cagliari, Torino, Perugia, Bologna, Parma, Cremona, Firenze) per veicolare istanze culturali e di altro tipo ma che, in effetti, esercitano un controllo pressante sulle comunità di connazionali. Una “rete clientelare territoriale” che potrebbe costituire un problema serio se non verrà adeguatamente vigilata dalle autorità di pubblica sicurezza dei singoli territori.

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).