Il trattamento del dolore è considerato un fondamentale diritto umano. La presenza di una patologia da dipendenza o di abuso non abolisce questo diritto.  Il problema del trattamento del dolore postoperatorio in pazienti con forme di dipendenza da oppiaceo, attiva o pregressa, rappresenta un tema raramente trattato, e, negli ultimi anni, non è stato oggetto di discussione, né tra addetti ai lavori, né da parte delle Istituzioni.

Pazienti che necessitano di un trattamento per dolore acuto, possono risultare utilizzatori di oppiacei sia come conseguenza di un uso terapeutico che come conseguenza di un uso voluttuario, comprendendo in quest’ultima categoria anche quelli arruolati in programmi di remissione da dipendenza, e quelli che nel passato hanno comunque avuto una storia di dipendenza.

La gestione del dolore acuto e cronico in pazienti con addiction viene spesso definita un’ardua sfida. Peraltro, la presenza di dolore può rappresentare un ostacolo al processo di detossificazione del paziente dipendente ad esempio da farmaci oppiacei, farmaci sedativi-ipnotici o da altri farmaci che spesso sono una componente dello stesso trattamento antalgico. Pazienti con addiction spesso identificano nel dolore il fattore più importante nella genesi della loro dipendenza.

Pertanto, un dolore non trattato può rappresentare un fattore di rischio di ricaduta per persone in trattamento per la loro dipendenza. Per contro, l’esposizione ad alcuni farmaci analgesici può, comunque, porre questi individui a rischio di ricaduta. Tutta una serie di aspetti fisiologici o psicologici della patologia da addiction può rendere il dolore più difficile da trattare nelle persone dipendenti che in quelle non dipendenti. Va detto infine che a volte è difficile sia per questi pazienti che per i loro medici distinguere quali aspetti del loro distress sia dovuto al dolore e quale rappresenta un fenomeno di craving.

Questi sono una piccola parte dei quesiti cui il lavoro allegato, frutto di una “consensus”, intende poter rispondere.
Su questo terreno, qualunque area di incertezza, diagnostica o comportamentale, può rappresentare un’area di rischio sia per il medico che per il paziente. In assenza di linee guida specifiche, diventa improcrastinabile la necessità di confronto tra specialisti, nonché la necessità di eventi formativi che possano aiutare il clinico nelle decisioni da prendere in presenza di queste condizioni.