La notizia di una sessantina di pacchi, imballati e ben sigillati con nastro adesivo, contenenti una trentina di chilogrammi di hashish, rinvenuti  un paio di settimane fa sulla spiaggia di Scoglitti (Ragusa), dovrebbe indurre a qualche riflessione. La possibilità che la droga sia stata gettata in mare per essere, poi, recuperata, è verosimile e conferma come il mare continui ad essere una straordinaria via per il trasporto delle droghe. Non solo di quelle occultate in container trasportati da navi ma anche lanciate da piccoli aerei e recuperate in mare da veloci imbarcazioni o custodite nella plancia di un sottomarino “made narcos”o sistemate sotto la chiglia delle navi. Si tratta, come noto per chi segue queste vicende, di sistemi utilizzati nel Centro Sud America e che riguardano, in via esclusiva, il trasferimento di consistenti quantitativi di cocaina. L’ultimo episodio di uno di questi sommergibili intercettati in mare risale al 30 marzo u.s. quando la Guardia Costiera statunitense e la Marina Militare honduregna ne hanno bloccato uno, arrestando i quattro membri dell’equipaggio che, subito dopo l’avvistamento, si erano affrettati a scaricare in mare la”merce” trasportata.

Con quali danni per l’ambiente marino è facile immaginare. Alcuni mesi prima (luglio 2015) era stata ancora la Guardia Costiera americana ad intercettare, stavolta lungo la costa messicana, un altro SPSS (Self Propelled Semi Sumersibles”, così indicati dalla Dea , l’agenzia antidroga americana). In questa circostanza venivano recuperate circa 5 ton di cocaina mentre oltre una tonnellata andava persa in mare dopo difficoltose operazioni di rimorchio del natante. Quasi tutti i “semisommergibili” intercettati, sia in mare che sulla terraferma, sono stati costruiti in Colombia ,in territori scarsamente popolati ( tra il porto di Buenaventura e Cali), impervi e con fitta vegetazione, dove è possibile installare, lungo i fiumi, un vero e proprio cantiere nautico. Sino ad oggi sono stati solo due i sottomarini, nella fase finale di costruzione, trovati fuori dalla Colombia; il primo,nel dicembre 2009 nel municipio di Pedernales di Delta Amacuro (Venezuela) ed il secondo, nel dicembre 2015, nel municipio di Vigia de Nazarè (Brasile).

Negli ultimi dieci anni le forze navali Usa, colombiane, honduregne e messicane, hanno sequestrato oltre novanta SPSS. In un caso, nel 2014, è stato rinvenuto, in accampamento dei Los Rastrojos, una delle bande di narcos colombiani, un piccolo sommergibile-drone che poteva essere radiocomandato e in grado di trasportare circa 250 kg di cocaina. Gli SPSS sono costruiti utilizzando vetroresina, acciaio e legno, con una lunghezza che va dai 12 ai 18 metri, una velocità di una quindicina di nodi e un’autonomia anche di oltre 5mila miglia nautiche. Tutti questi natanti vengono muniti di opportune valvole che ne provocano il rapido autoaffondamento nella eventualità si renda necessario dopo la localizzazione da parte di navi militari. Rispetto al primo “artigianale” sottomarino rinvenuto nelle acque di Santa Marta, al nord della Colombia, nel lontano 1994, i più recenti sono stati muniti addirittura di periscopi per navigare persino a una decina di metri sotto il livello del mare e sono dotati di attrezzature motoristiche, di navigazione in sicurezza e di comfort  interno di gran lunga superiori. Resta ancora il dubbio se una bozza di progetto, redatta a mano da un italiano, sicuramente esperto di nautica, trovata anni fa in un cantiere nella giungla colombiana, fosse davvero opera di un intermediario della ‘ndrangheta come sostenne allora l’intelligence americana.

Non ci sarebbe nulla di straordinario a ben vedere considerata la “fratellanza” che unisce, da molto tempo, la mafia calabrese ai narcos colombiani e ai messicani. La genialità dei quali nell’escogitare sistemi di trasporto della droga, nuove rotte e sistemi di occultamento è davvero unica. Dagli ovuli riempiti di cocaina e ingeriti dai corrieri, a quelli inseriti, con apposito intervento chirurgico, nei glutei di donne grasse, a quelli nascosti nel corpo di cani di varie taglie pronti per essere imbarcati su aerei, alla cocaina nascosta nella vagina delle vacche, ai piccioni addestrati per spacciare un po’ di polvere ai detenuti in carcere, a rudimentali fionde installate sui pianali di fuoristrada per lanciare, nottetempo, pacchi con la droga al confine con gli Usa, alle decine di tunnel scavati sempre al confine per il passaggio di droga (e clandestini), agli indumenti e tappeti impregnati di cocaina da recuperare, successivamente, con adeguati processi chimici e così via. I droni, utilizzati solo negli ultimi tempi dai narcos confine messicano con gli Usa, stanno già avendo un buon successo ( almeno per il trasporto di qualche decina di chilogrammi di droghe).

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).