Un giorno, forse tra qualche decennio, ripensando al periodo del proibizionismo delle droghe, alla violenza devastante che l’accompagnò, alle ambiguità culturali e alle complicità emerse delle mafie del narcotraffico con la politica, alle indifferenze che pure segnarono quel lungo tempo, si potranno fare considerazioni più obiettive e meno ideologiche di quelle che si fanno oggi sulla cosiddetta “guerra alle droghe”. Una lotta al traffico e allo spaccio che le forze di polizia italiane, europee e di molti altri paesi, continuano a fare con innegabile impegno ma, data la vastità del fenomeno e degli intrecci con la politica e l’economia, con i risultati insoddisfacenti ben noti.

Così, con il trascorrere degli anni, nonostante le ingenti risorse destinate all’antidroga nel mondo, sono aumentate le coltivazioni di foglie di coca in Colombia, Perù e Bolivia, sono cresciute apprezzabilmente quelle di papavero da oppio in Afghanistan, ma anche in Messico e in Libano, sono aumentate le colture di cannabis in Marocco; il Messico produce marijuana a volontà, oppiacei sintetici e altre droghe, “disegnate” in laboratorio ( nella Repubblica Ceca, nei Paesi Bassi, in Lituania e, di recente, in Bulgaria), hanno trovato mercati internazionali sempre più allettanti in un giro vorticoso di affari che genera un fatturato di centinaia e centinaia di miliardi di dollari investiti in mezzo mondo. Da noi, gran parte di quei 16,5 miliardi di euro dell’economia illegale ( dati Istat del 2013 definitivi in questi giorni) provenienti dal narcotraffico vanno, come noto, ad incrementare (insieme alla prostituzione e al contrabbando di sigarette), la nostra ricchezza nazionale, talché non sarebbe affatto “sconveniente” ( immorale sì! ma questo interessa pochissimo) per  la classe politica dirigente auspicare una “spinta” al commercio degli stupefacenti.

Se, poi, si riuscisse a legalizzare la marijuana, tanto di guadagnato per lo Stato ( e per i coltivatori di cannabis autorizzati che già stanno pensando ad acquistare terreni per la bisogna ) che ne trarrebbe consistenti entrate in termini di imposte. D’altronde, si dice, anche la prevenzione, in Italia, sta dando qualche risultato se si pensa ai decessi per abuso di sostanze stupefacenti o psicotrope che nel corrente anno, alla data del primo settembre, sono stati solo 83 ( dato non consolidato) contro i 231 dello stesso periodo del 2015 e i 313 del 2014 ( 8 decessi per milione di abitanti). Il dato globale dell’UE, relativo al 2014, non è, tuttavia, particolarmente incoraggiante, se si pensa ai 6.400 morti per overdose (fonte Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, EMCDDA,2016). La Svezia, poi, con 569 casi di decessi per overdose, ossia 92,9 casi per milione di abitanti è in testa alla non invidiabile graduatoria, seguita dalla Germania con 993 morti (18,6 casi per milione di abitanti), dalla Spagna con 402 decessi (19,2 casi per milione di abitanti) e dalla Turchia con 479 morti (pari a 9,2 casi per milione di abitanti).

Occorre, credo, una maggiore riflessione su questi dati e sulle interessanti valutazioni di carattere generale contenute nella relazione europea sulla droga del citato osservatorio europeo, poco letta, poco studiata, mal digerita da chi pensa più al PIL e meno alla sicurezza della gente. Sicurezza su cui continuano a vigilare, credo senza particolari condizionamenti esterni, le nostre tre forze di polizia statali e le dogane. A loro si devono i sequestri di 31.933,44 kg. di stupefacenti, nel 2016 ( al primo settembre scorso, dati DCSA non consolidati), con un lieve incremento di quelli riguardanti la cocaina, 2.699 kg contro i 2.576 dello stesso periodo del 2015 e un apprezzabile incremento della marijuana, 10.058 kg. a fronte dei 3.763 kg. dell’anno prima. Che la “maria” vada di moda e che ci sia una speciale effervescenza anche nella sua coltivazione domestica in molte province italiane, lo abbiamo scritto più volte ( anche di recente) e anche il dato delle 264.911 piante di cannabis sequestrate nel 2016 (erano state 102.139 nello stesso arco  temporale del 2015), confermano questa (preoccupante) tendenza.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).