Il traffico e lo spaccio di droghe continuano ad essere un grande affare, politico ed economico. I due ambiti vanno a braccetto e si sostengono a vicenda con un “gioco di sponda”.  I proventi che ne derivano fanno troppo comodo a entrambi. Ho, spesso, sostenuto che la guerra alle droghe che va avanti da oltre mezzo secolo, con l’impiego di ingenti risorse umane e finanziarie in molti paesi del mondo, non ha dato i risultati sperati nonostante, lo ripeto, gli innumerevoli successi delle forze di polizia con sequestri, arresti, distruzioni di colture di foglie di coca e di papavero da oppio ( che ricrescono sempre!). Tutto questo non è stato sufficiente e, pertanto, spetta alla politica, nei singoli paesi ma in un contesto internazionale, individuare nuove strade ( non certo quella del presidente filippino Duterte che sta eliminando fisicamente gli spacciatori), adottare nuove leggi, riservare maggiore attenzione alla prevenzione, aggiornare, eventualmente, le Convenzioni Onu sul tema. Non sono un “legalizzatore pentito” come, scherzosamente, mi ha indicato un mio vecchio amico giornalista. Certo che parlare, oggi, di legalizzazione delle droghe, sia pure di quelle che vengono definite “leggere” ( ma di leggero a ben vedere c’è poco!), dopo aver letto gli ultimi resoconti sull’argomento (rapporto europeo sulla droga 2016, rapporto UNODC 2016,relazione DCSA 2015, rapporto della DIA  presentato al Parlamento nel luglio scorso, rapporto sulle mafie nel Lazio 2016), mi pare il momento meno adatto. Troppa violenza in giro per il mondo, troppe collusioni, esagerato garantismo nei confronti degli spacciatori che piazzando piccole quantità per volta vengono sollecitamente rimessi in libertà perché il fatto è di “lieve tenuità” ( uno degli ultimi fatti ha riguardato un pusher, cittadino francese, che, a Torino, è stato arrestato cinque volte nel mese di settembre c.a. per spaccio di cocaina). La salute pubblica, soprattutto quella di molti giovani e giovanissimi, rischia di essere seriamente compromessa. Per non parlare della sicurezza pubblica che, in alcune città, a causa proprio dello spaccio, sta determinando non pochi problemi.

Si pensi, ad esempio, alla recente ordinanza emessa nei giorni scorsi dal sindaco di Zingonia (Bergamo) che ha disposto la chiusura, entro le 21 di ogni giorno, per tutti i negozi e le attività nella piazza centrale (Affari) e in un quartiere cittadino (Olani)  per contrastare lo spaccio e il consumo di stupefacenti. Una sorta di “coprifuoco” che non mancherà di suscitare anche polemiche con le altre istituzioni deputate a garantire la sicurezza pubblica. Per non parlare della recente decisione assunta a Bologna, in sede di comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, di rafforzare i controlli per lo spaccio di stupefacenti in una piazza cittadina (Verdi).  E che dire della violenta rissa, un paio di giorni fa a Mestre (Venezia), tra un gruppo di italiani e africani per la spartizione di una fetta di territorio per lo spaccio?  Episodi, questi, che si verificano, con buona frequenza, nelle periferie di molte città dell’America Latina ma che erano impensabili da noi. Poi, c’è la rincorsa a fare affari in proprio coltivando marijuana, in casa, nei campi, in… bagno! E’ successo a Fiuggi dove la polizia di stato, nel corso di una perquisizione domiciliare nell’abitazione di un ventitreenne, ha scoperto diverse piante a “dimora” nel bagno con le pareti tappezzate con materiale plastico di colore nero. Anche a Palermo, nel quartiere dello Sperone, in un box appositamente attrezzato, una ventina di piante di marijuana stavano essiccando sotto una intensa luce di colore giallo (alimentata da energia elettrica “rubata”ad una abitazione vicina!). Stessa storia  a Canicattì (Agrigento) con una mini serra ricavata nel balcone di un operaio mentre in una cava, tra le campagne di Foggia e Ordona, i carabinieri scoprivano una delle piantagioni di cannabis più estese d’Italia: sei ettari e ben 180mila piante di varie dimensioni, curate da un italiano e due marocchini,arrestati. Altri fatti, sempre di questi ultimissimi giorni, mettono in luce una situazione sempre più drammatica. Di persone al di sopra di ogni sospetto divenute trafficanti e spacciatori. E’ il caso del quattordicenne che vendeva droga a Sesto San Giovanni “addestrato”, pare, dagli stessi genitori pure indagati insieme ad una quindicina di altri spacciatori italo-marocchini. Una settimana prima, sempre nella zona, era toccato ad un ex imprenditore che aveva una ditta di calcestruzzi, al gestore di una lavanderia a gettoni, al titolare di un’impresa di pulizie, mentre a Bresso la polizia arrestava un pensionato divenuto corriere della droga trovando, all’interno della sua auto, occultata nel cruscotto, ben 11 kg di cocaina. Una situazione che, insisto, nel definire di massima allerta ma che registra, purtroppo, la consueta, avvilente disattenzione della politica nazionale e comunitaria. Ma non è una novità!

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).