C’è una considerazione sulla situazione della criminalità in Italia, la più drammatica, a mio avviso, tra le tante espresse nella “relazione conclusiva”, approvata all’unanimità il 7 febbraio scorso dalla Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi, che indica il nostro paese come “..quello più appetibile per i criminali”. Un paese dove c’è “spazio per tutti” i delinquenti, un paese divenuto “in un pugno di decenni”, destinazione “di ogni organizzazione criminale straniera” la cui semplice elencazione è inquietante. Così, “clan nigeriani,albanesi, magrebini, serbi, kosovari, montenegrini, bulgari, romeni, cinesi, russi, georgiani” vanno ad aggiungersi a “bande latino-americane e altri gruppi ancora” per comporre lo sciagurato scenario criminale in quella che è  già considerata la “patria” di mafie (e mafiette: cellule metastasiche che si sono diffuse dalle mafie storiche) indigene e tra queste le “più potenti in assoluto nel mondo: cosa nostra e la ‘ndrangheta..” e la “culla” di altre organizzazioni malavitose minori ma sempre vitali e pericolose come quelle pugliesi e quelle del litorale romano.

Situazione apparentemente incomprensibile per un paese “..in cui operano le migliori forze di polizia e magistratura e in cui esiste la più efficace legislazione antimafia..” ma che trova la Commissione concorde nell’individuare nello scadente controllo del territorio, specie in certe aree urbane “..dove la quotidianità delle situazioni è stata fatta marcire..”, nella inadeguatezza delle leggi esistenti e nella inefficienza dell’apparato giudiziario, il “combinato disposto” di fattori che hanno determinato, insieme ai processi di globalizzazione, la situazione di straordinaria e insopportabile concentrazione della criminalità. Così, oggi, il “corpo” (sfiancato) del nostro paese cerca di sopravvivere all’azione distruttiva di cosa nostra e della camorra, della ‘ndrangheta, della sacra corona unita, della mafia garganica, di quelle sanseverese e cerignolana, della mafia capitale (“punto di arrivo delle trasformazioni di organizzazioni criminali romane) e di quella di Ostia ( municipio dove tutto era possibile grazie ai clan mafiosi dei Fasciani, dei Triassi e Spada), delle mafie pontine, della mafia del Salento e di tutte le mafie straniere. I temi della sicurezza e dell’immigrazione hanno deciso il voto alle recentissime elezioni politiche e saranno quelli determinanti per la tenuta del Governo che verrà, il quale avrà il compito, ne siamo ben consapevoli, difficile ma non impossibile,di affrontarle senza rimandarle  a momenti futuri, indefiniti. Perché, intanto, tutte le mafie sono incessantemente al lavoro ed è davvero in ballo la tenuta democratica del paese.  A cominciare da cosa nostra che prosegue “..nella ricerca di un assetto organizzativo in grado di restituirle quella piena operatività che risulta oggi appannata in termini di controllo delle attività illecite sul territorio sia di progettualità crimino-imprenditoriali” (relazione DIS, febbraio 2018).

Se, poi, i sodalizi della camorra presentano “una estrema volatilità degli assetti interni e delle relazioni interclaniche (..) con lotte di successione anche violente..”, i gruppi criminali pugliesi “si confermano su livelli di diversa pericolosità e strutturazione..” restando ancorati in alcuni casi a forme mafiose arcaiche e in altri ” a modelli più organizzati e adattivi” (Ibidem). Così, in Puglia, in particolare a Lecce e provincia, troviamo ancora segmenti della sacra corona unita, mentre a Brindisi sono presenti le formazioni criminali dei “tuturanesi” e la frangia dei “mesagnesi” che stanno assumendo “le strutture e i canoni propri dell’associazionismo mafioso” (relazione DIA, 2016). Sullo Sperone è sempre più agguerrita la mafia del Gargano ( con il clan dei Montanari) e, poco lontano, la temibile mafia foggiana, quella sanseverese e cerignolana. La mafia del Salento lesiona questa splendida terra del Meridione con infiltrazioni accertate a Gallipoli, a Sogliano Cavour, a Manduria e Avetrana), mentre tutti gli altri gruppi criminali stranieri, confermando la loro “duplice anima banditesca e para-mafiosa” (ibidem), si sono insediati in gran parte delle nostre regioni, trovando un terreno favorevole ai loro sporchi affari. Impegnarsi tutti perché la fine di queste mafie arrivi presto significherebbe anche onorare la memoria di Giovanni Falcone che, molti anni fa, aveva detto che la mafia come tutti i fenomeni umani avrebbe avuto anche una fine. Intanto stiamo qui a parlarne ancora, in un contesto nazionale decisamente molto peggiorato negli ultimi decenni tanto da essere diventati, tra i paesi democratici, quello “più più appetibile per i criminali”.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).