06.08.21 – La Società Italiana Patologie da Dipendenza – SIPaD, che il 24 e il 25 settembre pp.vv. organizza ad Amelia un convegno con il quale vuole, tra i diversi argomenti trattati, affrontare quello collegato ai Dipartimenti delle Dipendenze ed alla loro fondamentale importanza nel quadro gestionale ed organizzativo di ogni Azienda Sanitaria italiana, non puó che allarmarsi e, contestualmente, inquietarsi di fronte all’incongrua manovra di taluni di voler far “inglobare” la gestione dei Servizi per le Dipendenze (SerD) nei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) ed abbiamo utilizzato il termine “inglobare” perché purtroppo, laddove le autonomie regionali dettate dal Titolo V hanno giá autorizzato questa operazione di assimilazione dei SerD nei DSM, stiamo assistendo alla messa in atto di un approccio alla cura delle patologie da dipendenza assolutamente peggiorativa nel rispondere ai bisogni complessi che presentano i pazienti affetti da tali patologiche.

Non a caso nelle altre Regioni, dove l’organizzazione sanitaria ha previsto la permanenza dei Dipartimenti delle Dipendenze, la rete dei servizi fortemente integrata con il privato sociale accreditato, è riuscita a dare e continua a dare una risposta adeguata ai bisogni di cura complessi che presentano le persone affette da questa specifica patologia del comportamento.

Pertanto la SIPaD non puó che essere totalmente contraria a quanto riportato nel documento redatto dal Gruppo di Lavoro Agenas sull’assistenza territoriale, ora all’esame della Cabina di Regia per il Patto per la Salute, dove viene sostenuto che i Servizi per la Salute Mentale, per le Dipendenze Patologiche e per la Neuropsichiatria Infantile e l’Adolescenza costituiscono la declinazione, a livello distrettuale, dei servizi afferenti alla rete integrata per la salute mentale presenti in tutte le Aziende Sanitarie Locali.

La nostra contrarietá nasce dal fatto che i Dipartimenti delle Dipendenze presentano da tempo una loro specifica funzione specialistica, sostenuta dalla letteratura scientifica internazionale, raffigurandosi come una vera è propria “clinica” dei disturbi del comportamento indotti da sostanze ad azione psicotropa e non indotti da sostanze, che comprende anche una serie di approcci di tipo culturale rappresentati da:

  • Prevenzione universale, selettiva e indicata dei comportamenti da dipendenza, con la costruzione di una rete d’intervento che coinvolge tutti gli attori del territorio (Comuni, Scuole, Prefetture, Forze dell’ordine, Privato Sociali Accreditato, ed altre Associazioni del terzo settore;
  • La riduzione del danno educativa;
  • La “Early Detection”
  • I protocolli di cura farmacologici e psicofarmacologici, la modalità di approccio multidisciplinare, la collaborazione terapeutica con le strutture residenziali e semiresidenziali del privato sociale, il reinserimento socio-lavorativo;
  • L’attività di screening precoce delle malattie infettive correlate (HIV, HCV; ABV) con specifiche attività di counselling e i collegamenti con i Servizi di Malattie Infettive ospedalieri/territoriali per la cura delle stesse.

Ora non si può comprendere come si possa perdere tutta questa specifica organizzazione, ponendolo il tutto “tout court” sotto un unico Dipartimento di Salute Mentale, che è totalmente concentrato sulle acuzie e poco agli altri aspetti del problema.

I DSM hanno bisogno di pazienti, personale e strutture, ma sicuramente non è inglobando altre specialitá d’intervento che si risolvono i problemi di questo tipo, anzi e come peraltro sta giá accadendo laddove la “fusione” è stata attuata, si arriverà a peggiorare le risposte e quanto si è riuscito a dare sotto forma di efficienza ed efficacia da parte dei SerD “autonomi”.

Tutto questo a vantaggio di chi o di che cosa? Forse di un risparmio di risorse economiche con il rischio assicurato di una scarsa ricaduta sulla cura dei pazienti e della prevenzione sul territorio? Questa scelta comporta delle responsabilità politiche importanti ed è fatta senza consultare i tecnici, ovvero noi che ci occupiamo da tempo di adeguare continuamente la risposta di cura ad una domanda in continuo cambiamento, basti pensare alle dipendenze comportamentali come il Disturbo da Gioco d’Azzardo, alle Dipendenze Digitali, alle Nuove Droghe Psicostimolanti (NPS), al Binge Drinking dell’alcol negli adolescenti.

Non a caso in molti paesi esteri, dove questa insana politica aggregativa era giá stata attuata, si sta tornando indietro, perché tale organizzazione sanitaria non riesce ad accogliere in modo adeguato la domanda di cura e dove correttamente questi paesi esteri stanno guardando il modello sanitario “italiano” dei SerD, cosí come sono organizzati nei Dipartimenti di Dipendenza, come esempio gestionale da seguire e da fare proprio.

Non si comprende come L’Agenas non abbia tenuto conto di tutto ciò, proponendo un modello che, non ha base scientifica e rischia di gettare via un know-how giá consolidato, favorendo una nuova organizzazione capace di dare solo una inadeguata risposta di cura.

Tutto questo, poi, nel periodo post-Covid, dove ci si attende un aumento delle problematiche legate alle dipendenze patologiche ed alle loro complicanze.

In definitiva, ci dichiariamo in totale disaccordo con quanto espresso unilateralmente dall’Agenas e chiediamo di aprire un tavolo di confronto Nazionale, in cui possano essere ascoltati i Tecnici, le Società Scientifiche di settore, il Privato Sociale Accreditato, ovvero coloro i quali sono giornalmente impegnati per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle patologie da dipendenza e non altro.