Agli inizi del 2015 erano 872.266 i cittadini italiani residenti in Argentina regolarmente iscritti nei registri consolari. Nella sola capitale di Buenos Aires  286.670 connazionali, la più grande comunità al mondo di residenti all’estero. Questo spiega anche perché in Argentina ci sia la più capillare rete consolare al mondo con ben 9 uffici di “prima categoria” e 48 Consolati onorari. Senza contare la presenza di un apprezzato Istituto di Cultura, del Commercio, del Turismo e della più antica università italiana, quella di Bologna con i suoi corsi accademici. Il paese, straordinario e coinvolgente per molti aspetti, è anche la “rampa di lancio” della cocaina diretta verso il mercato europeo e questa notevole presenza della comunità italiana  ha agevolato, nel tempo,  anche l’insediamento e la mimetizzazione di cellule della criminalità organizzata nostrana come hanno evidenziato indagini passate e recenti sfociate anche in operazioni antidroga congiunte ( operazione Chatarra, Gufo 2013, Red Eagle, Europa, Frontera, Mi Vida 2014, solo per citarne alcune). Da queste parti esponenti della ‘ndrangheta ( tra questi Pantaleone Mancuso, arrestato dalla gendarmeria argentina nel settembre 2014, ricercato per associazione mafiosa e duplice omicidio) vanno a braccetto, da anni, con gruppi del narcotraffico colombiano e, grazie anche alla intermediazione di  connazionali italo/argentini, riescono a gestire interessi criminali anche nel settore finanziario per l’acquisizione di imprese e società argentine attive nel settore commerciale. “Presenze” di appartenenti alle mafie russe interessati al narcotraffico, vengono segnalati dall’intelligence europea, in particolare nelle zone di frontiera con Brasile e Paraguay. Sempre in quest’area di confine i russi avrebbero stretto rapporti di affari anche con gruppi sirio-libanesi insediatisi da tempo in quelle zone e che, secondo fonti dell’intelligence argentina, utilizzerebbero i proventi del traffico di droga per finanziare cellule terroristiche contigue ad Al Quaeda e Hezbollah. Dal settembre 2013 il Governo ha deciso l’impiego dell’esercito in attività antidroga al confine con Bolivia, Paraguay e Brasile ( suscitando non poche polemiche), nominando un Sottosegretario con la delega al narcotraffico e attivando nuclei investigativi specializzati nel contesto del c.d. “Piano Scudo Nord”.

Compito arduo cercare di tracciare un quadro, sia pure sintetico, sull’andamento della criminalità e delittuosità nel paese atteso che, dal 2012, il Governo argentino ha deciso di non divulgare più alcun dato ufficiale sul tema. Gli unici dati statistici ufficiali sono quelli forniti dalla Superintendenza Droghe Pericolose e Narco-criminalità della Polizia Federale. I più recenti ( e parziali perché mancano quelli della Gendarmeria Nazionale e della Prefettura Navale) sulla repressione al traffico di droghe, si riferiscono ai primi sei mesi del 2015, con 167kg di cocaina sequestrata, 1.245kg di marjiuana , 3.219 dosi di Lsd, 11.534 pasticche di ecstasy. 464 le persone arrestate per delitti collegati alle droghe nel periodo suddetto e una trentina i cittadini italiani detenuti nelle carceri argentine ( alcuni dei quali con la doppia cittadinanza) anche per reati non riconducibili al narcotraffico. Nel 2014 i sequestri dei federali erano stati pari a 835kg di cocaina, 28.108 dosi di Lsd, 7.159kg di marijuana , 23.076 pillole di ecstasy. A questi dati vanno sommati quelli dell’Agenzia delle Dogane e cioè 844kg di cocaina, 3.258kg di marijuana, 2.760 litri di cocaina liquida e 28 dosi di Lsd. La presenza rilevata sul territorio argentino di laboratori clandestini di lavorazione della pasta base di cocaina consente una maggiore e facile reperibilità del prodotto finale ad un costo inferiore rispetto al passato. Il consumo interno di stupefacenti è andato progressivamente aumentando e molti assumono il “paco” che è un prodotto di scarto nel processo di trasformazione della pasta base di cocaina in cloridrato ( nei primi sei mesi del 2015 sequestrati 112.489 dosi solo dalla polizia federale). Allarmante la notizia, diffusa a marzo del corrente anno dalla ong  “La Alameda”, secondo cui a Buenos Aires sarebbero attivi una decina di laboratori per la produzione di cocaina gestiti dai narcos peruviani guidati da Marcos Anronio Estrada Gonzales, anch’egli peruviano.

I collegamenti aerei giornalieri con Madrid, Roma e Joahnnesburg vengono spesso utilizzati dai corrieri (“mulas”) in molti casi ingoiatori di ovuli contenenti cocaina che viene anche occultata negli stessi aerei, con la complicità di personale aeroportuale, in particolare nei bagni o nei sistemi idraulici. Quantitativi più consistenti di cocaina partono, a bordo di navi portacontainer, dai porti della capitale, di Mar de la Plata e di Rosario.

L’Argentina ha, dunque, un’importanza straordinaria sullo scenario internazionale nel contrasto al narcotraffico e ancor di più con il nostro paese in virtù dei forti, stretti legami etnici, economici e commerciali. Oltre all’accordo, siglato nel 2007, tra l’Agenzia delle Dogane italiane e il corrispondente organismo argentino (AFIP, Amministrazione degli Ingressi Pubblici), che riguarda anche il settore del narcotraffico, è ancora vigente un memorandum d’intesa nella lotta alla criminalità organizzata, ai traffici illeciti e al terrorismo, firmato  a Buenos Aires nel 1999 tra il Ministero dell’Interno- Dipartimento della Pubblica Sicurezza e la Segreteria di Sicurezza del Ministero dell’Interno argentino. Sarebbe, tuttavia, auspicabile, come giustamente suggerito da esperti della nostra sicurezza presenti in Argentina, rinnovare quell’accordo tenuto conto  che, dal  marzo 2010, le competenze sulla sicurezza pubblica, un tempo affidate al Ministero dell’Interno, sono passate al Ministero della Sicurezza, organismo governativo da cui dipendono le forze di polizia federali. Aspetti di criticità presenta, infine, il sistema di contrasto al riciclaggio di capitali illeciti. Situazione, peraltro, destinata a peggiorare dopo l’approvazione, il 31 maggio c.a., del Parlamento della legge-sanatoria che consente il rientro di capitali in valuta straniera, non regolarmente dichiarati alle autorità fiscali e monetarie, per finanziamenti di operazioni immobiliari e investimenti nei comparti delle infrastrutture e dell’energia. Provvedimento che appare in contrasto anche con alcune raccomandazioni e obiettivi del GAFI in quanto i soggetti che effettueranno l’emersione dei capitali non saranno tenuti a precisare né l’origine dei capitali né la data in cui detengono tale capitale. Insomma, quanto basta per capire come sarà una manna per le varie organizzazioni criminali riciclare il denaro sporco attraverso il mercato finanziario argentino.

Sta per terminare l’era della presidente Kirchner e, dopo la vittoria alle presidenziali (22 novembre u.s.) di Mauricio Macrì, di origini italiane ( suo nonno emigrò dalla Calabria in Argentina nel 1948) è probabile ci possa essere un’ulteriore spinta a quella reale collaborazione internazionale di polizia con il nostro paese che molti osservatori ed esperti della sicurezza auspicano.

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).