E’ soltanto una pia illusione quella di cercare di riportare un livello minimo di sicurezza e di decoro in alcune città pensando di contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti e la prostituzione con provvedimenti interdittivi ( sono previsti nel decreto legge 20 febbraio 2017 n°14 sulla sicurezza urbana) in alcune aree ben individuate. In diversi paesi, nonostante leggi severissime che prevedono in alcuni casi persino la pena capitale (Iran, Cina, Egitto, Thailandia, Turchia, Indonesia ecc..) o sistemi primitivi e sbrigativi, anche di eliminazione fisica dei trafficanti-spacciatori ( il presidente Duterte nelle Filippine), il narcotraffico non trova alcun argine. Figuriamoci se questa può essere la strategia adatta in un paese, come il nostro, dove il fenomeno in questione è divenuto, con il passar del tempo, incontrollabile. Qualcuno, poi, potrebbe eccepire, che tali provvedimenti inibitori sono “illegittimi” perché in contrasto con la tanto sollecitata crescita della ricchezza del paese.

Non è forse vero che dal 2014, in ottemperanza ad una direttiva comunitaria, il commercio di stupefacenti ( insieme al contrabbando di sigarette e allo sfruttamento della prostituzione) concorrono (lo 0,9%?) al nostro Pil? Non vogliamo essere disfattisti né tanto meno provocatori, ma pensare di tenere lontani gli spacciatori ( o chi esercita la prostituzione in modo ostentato) da determinate ampie zone delle città indicate nelle norme (non solo aree interne di infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime, di trasporto pubblico locale ed extraurbano, ma anche luoghi e strutture di particolare pregio artistico, storico, architettonico o interessate da consistenti flussi turistici o adibite a verde pubblico) con provvedimenti di allontanamento e sanzioni amministrative pecuniarie (da 300 a 900 euro) è davvero sconsolante. L’autorità che sanziona tali violazioni è il sindaco del Comune nel cui territorio vengono accertate e una copia del provvedimento inibitorio ( scritto, adeguatamente motivato, con una efficacia non  superiore alle 48 ore), va trasmessa anche al questore competente per territorio mentre ne va “data notizia” ai servizi socio sanitari locali per gli eventuali interventi di competenza nei confronti di persone bisognose. Spetta sempre al questore, nella ipotesi di “reiterazione della condotta sanzionata” e sempre ché dalla stessa possa derivare pericolo per la sicurezza (formula molto generica) disporre, con provvedimento motivato e per un tempo non superiore a dodici mesi, il divieto di accesso in una o più delle zone cittadine sopraindicate tenendo, comunque, presente le eventuali esigenze lavorative, di salute e di mobilità della persona destinataria del provvedimento.

La possibilità che, in questo modo, si determini la concentrazione dello spaccio in altre zone cittadine (le periferie), non è remota, stimolando la mobilità dei clienti e spacciatori. La durata del divieto di accesso può oscillare tra i sei mesi e i due anni nella ipotesi in cui la persona sia un “pregiudicato” ( condannato con sentenza confermata in grado di appello) per reati contro la persona (omicidio, rissa, lesioni personali, percosse ecc..) o il patrimonio (furto, furto in abitazione e furto con strappo, rapina, estorsione, danneggiamento ecc..) commessi negli ultimi cinque anni. Anche il giudice, nelle udienze di convalida di fermi o arresti in flagranza compiuti dalla polizia giudiziaria, per i suddetti reati, sempre in una delle aree urbane menzionate, può prescrivere il divieto di accesso in tali luoghi o subordinare la sospensione condizionale della pena al divieto di accesso in dette zone.

E’ ancora il questore chiamato a vietare l’accesso (durata non inferiore ad un anno né superiore a cinque) a locali pubblici ed esercizi analoghi a persone condannate, anche se minorenni, a condanna definitiva per il delitto ex art.73 (produzione, traffico e detenzione) del testo unico sugli stupefacenti commessi all’interno o nelle immediate vicinanze di detti locali, anche aperti al pubblico, o in quelli di intrattenimento e svago (discoteche, pub ecc..). Con tale provvedimento il questore può imporre alcune prescrizioni tra cui il divieto di stazionamento nelle vicinanze di tali locali, l’obbligo di rientrare nella propria abitazione entro una determinata ora, quello di presentarsi in un ufficio di polizia negli orari di entrata ed uscita degli studenti negli istituti scolastici ecc..( è noto il preoccupante fenomeno dello spaccio  fuori e all’interno delle scuole). Tali misure di prevenzione vanno, tuttavia, sottoposte al vaglio della magistratura (giudice di pace) che deve convalidarle se ne ravvisi i presupposti. Vedremo se in sede di conversione il decreto subirà ritocchi ma è certo che ci troviamo innanzi all’ennesimo tentativo di riportare, con pannicelli caldi, un minimo di ordine in alcune città, non solo metropolitane, allo sbando da anni.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).