Non sono sufficienti i dati statistici, nella loro aridità, a dare un panorama realistico e completo, sulla (drammatica) situazione che vive il nostro paese ( e molti altri, nel mondo) relativamente al traffico-spaccio-consumo di stupefacenti e “porcherie” sintetiche varie, che circolano nel mercato illecito. Non passa giorno che la cronaca antidroga non si arricchisca di episodi “singolari”, sia per la categoria sociale delle persone coinvolte che per le modalità dello spaccio, per gli ambienti in cui si svolge, per la violenza che, spesso,  si accompagna, per un’attività di contrasto sempre più frenetica delle nostre forze di polizia in un “mare sempre molto pescoso”.

Un fenomeno che, nella sua globalità, appare sempre più fuori controllo con una folta schiera di spacciatori, non solo di “professione”. Così, a Tivoli (Roma), alcuni giorni fa, i poliziotti del locale Commissariato hanno arrestato un giovane spacciatore che, oltre alla passione (vera?) per gli oggetti (preziosi) di epoca romana che deteneva in casa, coltivava anche quella proibita di piazzare ketamina, cocaina e hashish. In provincia di Arezzo, a Pescaiola, invece, in un albergo anonimo, i carabinieri facevano irruzione in una delle stanze occupate da quattro tunisini, che non sono riusciti ad “ingoiare” tutte le dosi già confezionate di cocaina ed eroina ( quindici, comunque, quelle recuperate dai carabinieri). Sempre alcuni giorni fa, nelle campagne di Bessude (Sassari), in un ovile, tra pecore e balle di fieno accatastate, i carabinieri hanno trovato 38kg di marijuana, oltre ad armi e munizioni di provenienza illecita, e hanno arrestato i due attempati fratelli pastori.

Non mancano figure “disgustose” di persone che avrebbero dovuto attendere al ruolo di nonni e non a quello di spacciatori. Gli ultimi due episodi di novembre, riguardano una nonna pusher ( 63 anni) che, ad Acilia (Roma), aveva pensato di organizzare lo spaccio di una ventina di chilogrammi di hashish ( condannata con rito abbreviato alla reclusione di 2 anni e mezzo), mentre un altro “nonnino” (61 anni), ad Arcore (Monza Brianza), arrotondava la pensione spacciando cocaina ( in casa ne aveva un mezzo chilogrammo). Ci è ricascato il bidello arrestato ad Ostia (Roma) il 19 novembre scorso, per la sua sfrenata “passione” nella coltivazione della marijuana. Già arrestato dai poliziotti nel 2011, è stato di nuovo ammanettato per la serra “casalinga” con una quarantina di piante di cannabis.

Che dire, poi, di quegli stranieri che, soccorsi in mare, assistiti e accolti nel nostro paese, hanno approfittato della permanenza loro concessa per motivi umanitari, per asilo politico, si sono messi a fare gli spacciatori? Gli episodi sono stati molti anche nel corrente anno. Gli ultimissimi, di questi giorni, hanno riguardato un richiedente asilo pakistano, a Campobasso, finito in manette ad opera degli agenti di polizia (già lo avevano arrestato per lo stesso delitto nel mese di settembre) per aver trasformato la sua abitazione in una sorta di coffee shop frequentato anche da giovanissimi/e studenti per fumare marijuana. Ed ancora, a Perugia, in pieno centro, sui gradini del Duomo, due giovani del Senegal e del Mali, anche in questo caso con permessi di soggiorno per motivi umanitari, sono stati denunciati dalla polizia per spaccio, in concorso, di marijuana. Cinque giorni prima, sempre a Perugia, la polizia aveva arrestato un senegalese di 20 anni e un gambiano di 19 anni per spaccio di marijuana ( confezionata in dosi vendute a 10 euro e nascoste nei calzini).

Entrambi, anche in questo caso, avevano un permesso di soggiorno provvisorio per protezione internazionale. Arrestati anche due pizzaioli che, su prenotazione, garantivano un servizio di rapida consegna non solo di gustose “margherite”, ma anche di cocaina  (operazione condotta dalla polizia a Mulinu Becciu nel cagliaritano). Un odontotecnico milanese di cinquantunanni, invece, aveva pensato di occultare oltre 2kg di  marijuana nell’officina dei genitori, a Martinsicuro (Teramo), ed è finito per questo nel carcere del capoluogo abruzzese. A Potenza e Venosa, polizia e carabinieri denunciano tre studenti minorenni spacciatori di hashish all’interno di un istituto superiore ( gli episodi di consumo e spaccio nelle scuole e nelle vicinanze, ormai, non si contano più!). Ketamina, cocaina e amfetamine venivano servite ai clienti su vassoi, in un bar di Prato, da intraprendenti gestori cinesi.

Il “servizio” è stato interrotto dalla polizia che ha trovato anche alcuni giovani cinesi non in regola con le norme sul soggiorno. Profonda amarezza anche per l’Arma dei Carabinieri che, al termine di un’indagine interna, a Roma, hanno, dovuto ammanettare, una settimana fa, quattro infedeli militari,  accusati di aver rivenduto droghe sequestrate nel corso di operazioni di servizio. “Mele marce” in un “cesto sano” di un’istituzione salda che, con la Polizia di Stato, rappresenta l’argine ad una criminalità sempre più arrogante e violenta.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).