“La fase di riorganizzazione degli equilibri interni alla criminalità organizzata siciliana…” dopo la morte di Bernardo Provenzano, “padrino storico” della mafia e di Salvatore Riina, il “capo dei capi” di cosa nostra,non ha inciso sulla sostanziale tenuta dell’intera struttura pur in una “fase di confusione esbandamento”. Così, mentre si parla di un possibile accordo tra i capi più influenti per la “ricostituzione di una sorta di “cabina di regia” simile ma diversa dalla Commissione provinciale..”, nella parte occidentale della Sicilia continuano gli affari di cosa nostra trapanese e agrigentina in “sostanziale sintonia” con le famiglie palermitane. Sono alcuni dei passaggi significativi della relazione della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) presentata dal ministro dell’interno Minniti al Parlamento ai primi di febbraio scorso. Reale, dunque, l’ipotesi formulata dagli investigatori delle forze di polizia e dagli analisti della DIA, di una mafia 2.0 che proseguirà con la sua “immersione”, senza ricorrere ad azioni violente prediligendo “azioni sottotraccia” e facendo affari con gli ormai collaudati “meccanismi collusivi e corruttivi”. Una “nuova mafia”, continua la DIA, “sempre più silente e mercatistica” che fa “affari” senza minacciare o intimidire, “convincendo” gli interlocutori sulla “reciproca convenienza” nella conclusione dell’affare. E sul punto viene fatto esplicito riferimento alle evidenze investigative emerse nel corso delle indagini in tema di “..infiltrazioni nell’affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti e indebite percezioni di indennità di disoccupazione agricola (..) nei trasporti marittimi..” per arrivare ai servizi di affidamento da parte di enti pubblici locali come, per esempio, la manutenzione del verde, dell’edilizia scolastica, della manutenzione delle strade. Se dal traffico di stupefacenti realizzato in combutta con le altre mafie ( anche straniere),  si ricavano ingenti profitti, le estorsioni in danno di un gran numero di commercianti, imprenditori, artigiani e liberi professionisti, sono sempre lo strumento principale in quanto assicurano “forte liquidità e controllo del territorio”. Questa “mafia affaristica” ( cosa nostra e gruppi della stidda) non disdegna affatto la grande distribuzione agroalimentare ed i controllo dei mercati ortofrutticoli in un contesto che si è sempre più esteso al Centro e al Nord Italia ma anche in molti paesi dell’UE e d extraeuropei. Così, la Lombardia, in particolare Milano, l’hinterland e la provincia di Monza, rimane sempre “..una delle aree predilette..” con cosa nostra che è riuscita, da tempo, “.. a mimetizzarsi nel tessuto socio economico, infiltrandosi in modo silente..”. E se in Veneto e in Friuli Venezia Giulia, “..l’ampia sensibilità istituzionale rende particolarmente efficace la prevenzione del fenomeno mafioso..” per cui vengono segnalati sporadici episodi di riciclaggio e reinvestimento di capitali illeciti ad opera di soggetti legati a cosa nostra, in Toscana e nel Lazio si rilevano “soggetti contigui ad organizzazioni criminali di matrice siciliana..” con opportunità di reinvestimento di capitali illeciti “..nei settori dell’edilizia, della ristorazione,delle sale da gioco e dell’agroalimentare”. Incredibili anche le proiezioni all’estero della criminalità mafiosa siciliana con presenze e interessi molteplici segnalati dalla DIA in Germania, Belgio, Spagna, Regno Unito, Polonia, Romania, Stati Uniti, Canada. Infine, va anche detto che se la morte dei boss innanzi indicati e i numerosi arresti di altri capi e gregari eseguiti dalle forze dell’ordine anche nel decorso 2017, non hanno provocato “reazioni sussultorie nell’ambito dell’organizzazione”, cosa nostra sente la “la mancanza di una vera e propria struttura di raccordo sovrafamiliare (..) e il bisogno di ricostituire gli organigrammi e la rete di potere che un tempo la caratterizzava”. Spetterà allo Stato e ai suoi apparati della sicurezza impedire che ciò avvenga.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).