Milleseicentoventidue omicidi e 2.328 feriti nelle carceri venezuelane dal 2011 al giugno 2015, un milione e quattrocentomila tra furti e rapine in media ogni anno, quattrocento sequestri di persona a scopo di estorsione denunciati mediamente ogni anno ai quali andrebbero sommate alcune centinaia di sequestri-lampo (quasi mai denunciati) che si risolvono con la privazione della libertà che non supera la giornata, ventisettemilaottocentosettantacinque omicidi nel 2015 di cui il 91% impuniti con un rapporto, per la capitale Caracas, pari a 119 ogni centomila abitanti che la pone in cima alla classifica delle città più pericolose al mondo. Una situazione drammatica, aggravatasi ulteriormente negli ultimi mesi con la crisi politico istituzionale che attraversa il Venezuela ed il fallimentare programma del “socialismo del XXI secolo” proseguito dall’attuale presidente Nicolas Maduro in continuità con il predecessore Chavez, che avrebbe dovuto trasformare il paese in senso rivoluzionario e solidale.  Con le elezioni del sei dicembre 2015 per il rinnovo del Parlamento,Maduro e il suo partito hanno subito una dura sconfitta (112 seggi del partito di opposizione contro i 55 della coalizione governativa). Il Venezuela sta rischiando il tracollo con una crisi economica senza precedenti ( un tasso d’inflazione pari al 108,7% secondo il Banco Central, del 172% secondo fonti non ufficiali) e, dopo aver “nazionalizzato” quasi tutte le imprese private, a poco probabilmente serviranno i pur consistenti prestiti avuti dal governo cinese ( interessato a fare investimenti) ed il ricorso alle ormai esigue risorse strategiche per pagare le rate di debito pubblico in scadenza. A tutto questo si aggiungono i gravi problemi di insicurezza e criminalità diffusa che investono gran parte del paese con una molteplicità di organismi di polizia ( più di cento!), completamente scoordinati, a livello municipale, regionale, statale e nazionale, con funzioni e compiti simili e concorrenti e senza neanche una banca dati in comune. A tutto questo si aggiunga il fenomeno della corruzione e della collusione di apparati della sicurezza con la criminalità. E’ notizia quotidiana quella riguardante poliziotti dei vari corpi arrestati o inquisiti perché coinvolti nei sequestri di persona. Qualcuno ricorda ancora il violento conflitto a fuoco, nell’ottobre 2014, tra “sequestratori” (in realtà appartenenti alla Guardia Nacional Bolivariana) e funzionari del Gruppo Antisequestro del CICPC ( Cuerpo de Investigaciones  Cientifica Penales y Criminalisticas) che conducevano le indagini, nel corso di un’operazione di polizia finalizzata al pagamento simulato del riscatto. Nella sparatoria morirono due poliziotti che si erano presentati all’appuntamento per riscuotere la somma di denaro concordata per liberare la vittima.

Tuttavia è sempre il commercio delle droghe che tiene banco e che è tra le cause principali della violenza e della corruzione. L’arresto per narcotraffico, ai primi di novembre 2015, a Puerto Prince (Haiti), di due parenti del presidente Maduro, è stato  un ulteriore duro colpo. Gli arrestati, poi, innanzi ad un giudice statunitense, hanno ammesso le loro responsabilità nella vicenda ma coinvolgendo anche due politici molto influenti in Venezuela e cioè Tareck al Assaimi, governatore dello Stato di Aragua e Diosdato Cabello, presidente del Parlamento ( già, peraltro, oggetto di attenzione investigativa negli USA sempre per traffico di cocaina e ritenuto leader del cosiddetto “cartel de los soles” di cui farebbero parte diversi generali dell’esercito). Che il Venezuela continui ad essere un paese di transito e deposito di grandi quantitativi di cocaina è fuori discussione. Lo ricordava anche il Dipartimento di Stato USA nel suo ultimo rapporto (2015) sulla “Strategia Internazionale di Contrasto al Narcotraffico”: “Il Venezuela è uno dei principali paesi che fungono da transito per il traffico di droga a causa di una permeabile frontiera ad ovest con la Colombia, di un sistema giudiziario debole, di una cooperazione internazionale antidroga inconsistente e di u  ambiente generalmente permissivo e corrotto che hanno fatto del paese una delle rotte preferite per il traffico di droga dal Sud America verso i Caraibi orientali, l’America Centrale, gli Stati Uniti, l’Europa e l’Africa Occidentale“. I 78.613kg di stupefacenti sequestrati nel 2015 ( furono 48.210 nel 2014), in gran parte cocaina (poco più di 64ton ) confermano questo ruolo di paese- piattaforma per l’inoltro delle droghe verso gli altri mercati. Trasferimenti che avvengono molto spesso con voli illegali che utilizzano piste di atterraggio (illegali). E’ quanto emerge dai controlli che vengono fatti dai radar statunitensi Jiath-South di Key West (Florida). La stragrande maggioranza degli aerei decollano in orario serale notturno dallo Stato di Apure, confinante con la Colombia e hanno come destinazione privilegiata l’Honduras, Haiti, la Repubblica Dominicana e Giamaica. Una legge (Ley de control para la defensa del espacio aereo)approvata nel 2012 con il relativo regolamento dell’anno successivo, consente il sequestro dell’aereo utilizzato nel trasporto di droghe e l’eventuale abbattimento in volo ove il pilota del velivolo, entrato illegalmente nello spazio aereo, si rifiuti di atterrare.

La collaborazione con il nostro paese sul fronte del narcotraffico potrà migliorare non appena sarà firmato l’accordo in materia di cooperazione di polizia tra i due paesi la cui bozza, già firmata dal Ministero degli Esteri venezuelano, dovrebbe essere già pervenuta, tramite canale diplomatico, al corrispondente italiano.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).