Per comprendere bene cosa stia realmente accadendo di drammatico nel nostro paese in tema di diffusione delle droghe e di repressione del traffico e dello spaccio, non è sufficiente fare riferimento soltanto ai dati statistici che, periodicamente, vengono forniti nei rapporti di organismi istituzionali nazionali affidabili come la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA), il Dipartimento delle Politiche Antidroga (DPA) o di quelli internazionali, anch’essi certamente autorevoli , come l’UNODC (l’agenzia delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine) e l’EMCDDA (l’osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze). Occorre approfondire i singoli episodi, esaminare le modalità con cui agiscono i trafficanti e gli spacciatori, interrogarsi sulle loro nazionalità e sui luoghi in cui operano,  sugli atti di violenza che spesso li accompagnano, sulle situazioni di chi chiede le droghe, sulle “ricchezze” che stanno acquisendo con tale traffico personaggi importanti e meno importanti, sui pericoli che stiamo correndo sottovalutando, da troppo tempo, questo fenomeno. E questo si può fare  anche semplicemente leggendo le cronache dei quotidiani locali che riportano le notizie delle operazioni antidroga svolte dalle nostre forze di polizia che, nonostante tutto, non si sono ancora lasciate prendere dallo scoramento per gli esiti di una guerra, quella alla droga appunto, che sembra persa nonostante le molte battaglie vinte. E allora, non può non destare sgomento la notizia di alcuni giorni fa (5 ottobre), relativa all’arresto, a Trieste, da parte della Polizia di Stato, di undici spacciatori afghani, tutti richiedenti un permesso di soggiorno per protezione internazionale.

E non si tratta certo di episodio isolato. Alcuni giorni dopo, il 12 ottobre, stavolta a Rieti, a finire in manette sono stati un gambiano e un nigeriano, entrambi richiedenti asilo. Nella loro abitazione, in cui vi erano altri stranieri nella stessa posizione, la polizia aveva notato un via vai di giovani, anche minorenni, che andavano ad acquistare marijuana. Nella stessa giornata, a Palermo, la polizia ferroviaria, arrestava un nigeriano, anch’egli richiedente asilo politico sin dal settembre del 2014, con la droga nascosta in una confezione di caramelle. Si tratta soltanto di alcuni dei molteplici e intollerabili episodi di spacciatori stranieri che, soccorsi e sbarcati sulle nostre coste, poi assistiti dalle nostre autorità, entrano nel giro dello spaccio. In questi casi ritengo che anche la “pena” di un’espulsione immediata (senza possibilità di ricorsi!), dopo il carcere, con rimpatrio scortato obbligatorio debba essere la migliore risposta a chi ha tradito la nostra ospitalità. In tal senso una revisione del nostro testo unico sull’immigrazione ( che risale al 1998 ed ha già subito, nel tempo, diverse integrazioni e modifiche) non guasterebbe. E la stessa “pena” bisognerebbe infliggere all’incallito delinquente tunisino, pluripregiudicato, che, ad Ancona, arrestato dalla polizia nei giorni scorsi (8 ottobre), spacciava dosi di eroina tagliandola con sostanze pericolosissime come lo stucco bianco e l’intonaco polverizzato, con la conseguenza di gravissime intossicazioni acute a persone che hanno rischiato di morire.

E che dire, poi, del tunisino arrestato a Piacenza, sempre dagli agenti delle Volanti, ben sette volte per spaccio, l’ultima delle quali l’8 ottobre scorso, con il provvedimento di espulsione tempestivamente notificatogli dall’ufficio immigrazione della Questura,  ma contro il quale pende  ricorso al giudice? E sempre dalla Tunisia, addirittura dallo stesso quartiere di Tunisi, arrivava in Italia, a Padova, la banda di sette spacciatori arrestati dalla polizia alcuni giorni fa, dopo quattro mesi di indagini che hanno evidenziato come lo spaccio avvenisse anche nell’orario di uscita dei bambini dalla scuola elementare “A.Volta” o davanti alla chiesa di Cristo Re. Si può continuare ad assistere a questo scempio delle nostre città in gran parte sotto il controllo territoriale di spacciatori che vendono droga dalla mattina alla sera? A Perugia, agenti della squadra mobile, un paio di giorni fa, hanno ammanettato un pregiudicato spacciatore albanese che “lavorava” almeno dodici ore al giorno per piazzare cocaina  a clienti, quasi tutti abituali. Albanese anche quello residente a Cesena da una quindicina di anni e arrestato in autostrada dalla locale squadra mobile con 42kg di marijuana suddivisa in 35 pacchi di cellophane nel bagagliaio. Sicuramente meno occultata rispetto al mezzo etto di hashish nascosto tra le natiche di un cittadino algerino pizzicato dai carabinieri a  Piacenza nella ben nota zona di spaccio dei giardini Margherita. Il livello di guardia è stato ampiamente superato,  ma i politici sono tutti presi dal referendum di dicembre prossimo e da come trovare le risorse per il prossimo Def.  Magari anche chiudendo un occhio sul commercio delle droghe?

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).