La recente scoperta a Vibo Valentia, l’ennesima in alcune zone del sud Italia, da parte della Polizia di Stato  di una piantagione  di cannabis (26mila piante) è la ulteriore conferma di come questa attività sia sempre più fiorente (e redditizia). Su quest’ultimo aspetto, poi, è stato lo stesso “protagonista”, un trentenne imparentato con un noto esponente della ‘ndrangheta e diventato collaboratore di giustizia a fornire i particolari al magistrato che lo interrogava, sulla produzione di marijuana, sull’acquisto on line dei semi di canapa presso alcuni negozi di Genova (tutti sequestrati), sull’utilizzo di droni per controllare le colture, sulla germinazione, la fioritura, la lavorazione delle piante e, infine, sulla immissione nel mercato del “prodotto”finale. Il commercio e lo spaccio, in genere, erano affidati ad altri membri del clan (17 gli arrestati e 21 quelli indagati in stato di libertà) mentre alla “manovalanza” degli extracomunitari spettava lo spaccio al minuto (come accade, di norma, nella filiera del narcotraffico). Spuntano, dunque , piantagioni in molte zone, talvolta dislocate in punti impervi come è accaduto con le circa 400 piante individuate dai carabinieri il 20 luglio scorso a Tiriolo (CZ). Altre volte le colture si sviluppano in contesti molto “domestici”, come a Milano dove, sempre il 20 luglio, la Polizia ha scoperto 170 piantine ben curate di marijuana nel solaio di uno stabile o la miniserra, una decina di piante, tenuta nel box di un fioraio, dipendente di un vivaio, che aveva deciso di attivare un’autonoma “fonte di reddito”. Reddito decisamente interessante se si pensa che i pochi euro investiti per acquistare semi di cannabis producono, per ciascuna pianta, dai 200 ai 300 euro. Aumenta sempre di più, dunque, la schiera di gente comune che attratta da queste possibilità di guadagno e dal “passaparola” che circola, si improvvisa coltivatore di marijuana. L’efficacia deterrente delle sanzioni penali è davvero minima e, alla fine, si rischia poco con l’attuale, annacquata, legislazione sugli stupefacenti. Anche in questi primi sei mesi del 2018 si rilevano, complessivamente, consistenti sequestri di piante di cannabis  come emerge dai dati, ancora non consolidati, della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA), elaborati sulla scorta dei rapporti mensili pubblicati sul sito ufficiale della Polizia di Stato: 171.026 di cui 135.651 piante nel solo mese di giugno e di queste ben 99.921 nella provincia di Vibo Valentia. Territorio sotto il controllo della ‘ndrangheta per la quale, lo ricordiamo, il traffico degli stupefacenti rimane la fonte primaria di arricchimento (cfr. la relazione DIA 2017, presentata alcuni giorni fa al Parlamento). Quando, oltre un quarto di secolo fa, ipotizzammo che la situazione delle colture di canapa made in Italy poteva diventare problematica (a quei tempi si cominciavano a individuare piccole colture, sperimentali), molti respinsero questa ipotesi. Ebbene, negli ultimi dieci anni, su tutto il territorio nazionale le forze di polizia hanno sequestrato e distrutto 7.363.738 piante con il picco più alto – oltre 4 milioni – nel 2012 . Un volume di affari annuo di centinaia di milioni di euro. Di certo anche in ambito UE non c’è da stare tranquilli. E’ sufficiente dare uno sguardo alla ultima relazione europea sulla droga presentata a giugno scorso dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze ( i dati si riferiscono al 2015): 11.441.789 (l’equivalente di circa 39 tonnellate) piante intercettate in tutta l’UE, con l’Olanda sul “podio” (9.940.000 piante), seguita dal Regno Unito (399.230), dalla Spagna (379.846) e dalla Germania 154.621). Insomma, l’UE che mostra, spesso, sfasature e divergenze su vari temi “comuni”, appare sempre più connotata da una sorta di “mercato comune della cannabis”. D’altronde, è anche dal commercio della marijuana e della resina di cannabis, derivati dalla pianta, che il Pil dei vari paesi membri si incrementa di quello (stimato) zero virgola nove per cento, per la “tranquillità” dei vari Governi in carica sempre alle prese con problemi la cui soluzione è ritenuta prioritaria per restare al potere. I traffici di marijuana e chi li gestisce sono, erroneamente, ritenuti secondari.

 

di Piero Innocenti
(Dirigente generale della Polizia di Stato a riposo, Questore in alcune importanti città italiane ha avuto una pluriennale esperienza nella Direzione Centrale per i Servizi Antidroga svolgendo anche servizio in Colombia come esperto).